Parma City Blog
Regione Sicilia e coppie di fatto.
Bene ha fatto il Commissario dello Stato che in Sicilia vigila sulla legittimità costituzionale delle leggi, il prefetto dott. Carmelo Aronica, a impugnare i provvedimenti della manovra finanziaria presi dal governatore siciliano Crocetta che miravano ingiustamente ad estendere alle coppie di fatto i benefici e i contributi che la legge destina alle coppie regolarmente sposate. E la motivazione è di quelle pesanti: vi è una palese violazione della Costituzione italiana e precisamente dell'articolo 3, quello sull'uguaglianza, che impone di non trattare in modo uguale situazioni diverse e non omogenee. Essere sposati e non essere sposati non è infatti la stessa cosa, specialmente quando si tratta di accedere a denaro e risorse pubbliche. Come è possibile equiparare nei diritti coppie che non si sono assunte i medesimi doveri? Se si vuole dare alle coppie di fatto gli stessi diritti spettanti alle coppie unite in un vincolo matrimoniale è necessario che le prime si assumano gli stessi doveri. E c'è una sola modalità, se si vuole ciò, vale a dire sposarsi. Se non ci si vuole sposare, scelta tra l'altro legittima, vuol dire che non si vuole istituzionalizzare la relazione di coppia, ma la si vuole invece mantenere a un livello strettamente privato. Ma è giusto dare denaro della collettività per scelte private? È questa la questione fondamentale. E poi, altra palese discriminazione, perchè questi provvedimenti devono valere solo per le coppie registrate e non per quelle non registrate, poiché quel particolare Comune e Consiglio Comunale hanno deciso di non istituire tali registri? Questi registri, si rassegnino i pochi entusiasti, tra le altre cose proprio non interessano. Essi rappresentano una preoccupazione soprattutto ideologica, e quindi hanno prodotto un flop generalizzato di adesioni un pò dappertutto laddove essi siano stati istituiti. Nella nostra città di Parma, solo per fare un esempio, dal gennaio 2013 a tutto l'ottobre 2013, in quasi un anno, solo 5 coppie, su una popolazione cittadina di quasi 180mila abitanti, hanno deciso di iscriversi. La montagna ha veramente partorito il topolino. I sostenitori dei registri però affermano che i numeri non contano, ma contano i principi. In realtà ritengo che sulla decisione di non iscrizione delle coppie conviventi al registro comunale delle unioni civili più che i principi pesino ben altre preoccupazioni. È chiaro infatti che la istituzionalizzazione progressiva di una relazione di convivenza, nella equiparazione dei diritti a quella matrimoniale, deve avere in prospettiva come necessaria conseguenza l'assunzione di relativi doveri, vedi il campo della fiscalità. Una coppia sposata, nel caso che tutti e due i coniugi lavorino, deve cumulare i redditi e questo porta ad un aumento della relativa tassazione, cosa che invece non avviene in una relazione privata come quella della coppia di fatto, in cui non si è tenuti a cumulare i redditi. Inoltre si possono avere residenze in luoghi diversi e sicuramente nessuno verrà accusato di "abbandono del tetto coniugale", non essendo coniugi. Quando ci si lascia basta una stretta di mano e non occorre passare davanti a un giudice. Diciamocela tutta, sposarsi oggi, al di là del fortissimo investimento umano e valoriale, non conviene più. Il dubbio, però ora, incomincia ad insinuarsi, numeri alla mano, anche nei paladini dei registri delle unioni civili tanto sbandierate. Conviene, fiscalmente parlando, più convivere, senza coinvolgere troppo le istituzioni pubbliche. Si paga di meno. È una discriminazione "di fatto". Però tale discriminazione riguarda soprattutto la famiglia fondata sul matrimonio, così come recita una Costituzione sempre più spesso citata a giorni alterni, a seconda delle mode e dei desiderata. Cominciamo ad applicare interamente la Carta fondamentale del nostro Stato, invece di cercare continuamente di forzarla verso finalità ad essa estranee, con una demolizione progressiva della più importante istituzione sociale.
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